giovedì 19 maggio 2016

visita alunni quarte elementari

Gli alunni del primo gruppo sono: Malissa, Sara, Giulia, Sofia, Shiv, Arianna, Andrea, Moustapha.




Gli alunni del secondo gruppo sono: Riccardo, Andrea, Christian, Atharav, Giorgia, Mara, Michela,
Valentina.


Gli alunni del terzo gruppo sono: Giacomo, Sara, Martina, Elisa, Chiara, Olivia, Paolo, Matteo.
Gli alunni del quarto gruppo sono: Matteo, Erik, Antony, Filippo, Claudia, Saneha, Laura, Andrea, Irene, Rachele.































giovedì 12 maggio 2016

Piccarda Donati

Dante incontra Piccarda Donati nel primo cielo, quello della Luna: qui sono accolte le anime di coloro che non hanno saputo mantenere i loro voti verso Dio. Piccarda infatti si era fatta monaca per sincera vocazione ma poi la sua famiglia l'aveva costretta a lasciare il convento per sposarsi e concludere un matrimonio d'interesse vantaggioso per i suoi fratelli.
Dante conosceva bene Piccarda perché da giovane era stato amico del fratello Forese Donati; entrambi era imparentati con Gemma Donati , moglie di Dante.

Piccarda si rivolge direttamente a Dante e gli racconta la sua storia.

I' fui nel mondo vergine sorella;
e se la mente tua ben sé riguarda,
non mi ti celerà l'esser più bella,
 
ma riconoscerai ch'i' son Piccarda,
che, posta qui con questi altri beati,
beata sono in la spera più tarda.
 

Pia de' Tolomei

Nella Divina Commedia Dante incontra alcune figure femminili: naturalmente Beatrice, ma anche le anime di alcune donne dannate o salvate, a seconda del loro destino.
La figura cui viene dedicato più spazio è sicuramente Francesca, punita insieme a Paolo nell'inferno; importanti sono anche però le figure di Pia de' Tolomei e di Piccarda Donati.

Dante incontra Pia de' Tolomei nel V canto del Purgatorio: della sua figura storica si sa poco. Sappiamo che nacque a Siena, che andò sposa giovanissima a un podestà di Lucca e di Volterra, il quale la uccise per motivi non ancora chiariti. Forse si trattò di gelosia, forse di un eliminazione strategica per poter fare un nuovo matrimonio d'interesse.
Nelle parole di Pia non traspare odio verso il marito, ma solo un leggero rimpianto per la propria morte e per la violenza con cui si compì il suo destino.

«Deh, quando tu sarai tornato al mondo,
e riposato de la lunga via»,
                                seguitò ‘l terzo spirito al secondo,                               

«ricorditi di me, che son la Pia:
Siena mi fé, disfecemi Maremma:
salsi colui che ‘nnanellata pria

        disposando m’avea con la sua gemma».
       
 
 
 
 

 
           
 

Paolo e Francesca

Nel V canto dell' inferno Dante incontra Paolo e Francesca: sono nella zona dedicata ai lussuriosi, cioè le persone che invita non hanno saputo opporsi alla forza della passione.
Secondo la legge del contrappasso, sono puniti in questo modo: le anime sono trascinate per sempre da un vento tempestoso che non si ferma mai. Quando Dante vede le due anime vicine fra loro, esprime a Virgilio il desiderio di parlare e di sapere chi sono.
Durante tutto l' episodio, solo Francesca parla, mentre Paolo piange in parte a lei; questo riflette la concezione della donna  tipica del dolce Stil Novo, cioè un essere superiore all' uomo.

Francesca dice a Dante, dopo essersi presentata, che l' amore è stato il vero protagonista della loro storia:

Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.
102

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.
105

Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense
".
Queste parole da lor ci fuor porte.
 
108
L' amore viene dunque personificato e diventa il "motore"  di tutta l' azione: l' amore fa innamorare Paolo di Francesca, l' amore fa si che francesca lo ricambi e, infine, l' amore conduce i due innamorati a una sola morte.

dante, che sente molto vicina la loro storia per via dell' amore per beatrice, vuole sapere da Francesca come sono passati dal sentimento al peccato; Francesca gli risponde raccontandogli l' inizio del loro amore:

Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.
126

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
129

Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
132

Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
135

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante".
 
 
dante, commosso dal racconto di Francesca, sviene " E caddi come corpo morto cade"



Cerbero

Cerbero è una fiera orribile, rappresentata con tre teste. Raffigura una sorta di cane rabbioso e deforme che lancia dei latrati assordanti. La sua funzione è quella di guardiano del girone dei golosi. Cerbero non si limita ad assordare le anime ma le graffia, le scuoia e le fa a pezzi.
Virgilio per rabbonire il mostro, prende della terra e la lancia dentro le sue bocche; Cerbero si calma e in questo modo Dante e Virgilio possono continuare il viaggio.




Cerbero: il cane a tre teste

Canto VI Inferno: vv 7-33


Io sono al terzo cerchio, de la piova
etterna, maladetta, fredda e greve;
regola e qualità mai non l’è nova.
      Grandine grossa, acqua tinta e neve
per l’aere tenebroso si riversa;
pute la terra che questo riceve.
      Cerbero, fiera crudele e diversa,
con tre gole caninamente latra
sovra la gente che quivi è sommersa.
      Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,
e ’l ventre largo, e unghiate le mani;
graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra.
      Urlar li fa la pioggia come cani;
de l’un de’ lati fanno a l’altro schermo;
volgonsi spesso i miseri profani.
      Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo,
le bocche aperse e mostrocci le sanne;
non avea membro che tenesse fermo.
      E ’l duca mio distese le sue spanne,
prese la terra, e con piene le pugna
la gittò dentro a le bramose canne.
      Qual è quel cane ch’abbaiando agogna,
e si racqueta poi che ’l pasto morde,
ché solo a divorarlo intende e pugna,
      cotai si fecer quelle facce lorde
de lo demonio Cerbero, che ’ntrona
l’anime sì, ch’es ser vorrebber sorde.


audio

giovedì 21 aprile 2016

Minosse


Minosse
è il mostruoso giudice infernale . davanti a lui, appena giunti all' inferno si soffermano le anime dei peccatori e dichiarano le loro colpe. Minosse pronuncia la condanna avvolgendo la coda il numero di volte corrispondente al girone in cui è voluto da Dio.
ogni anima dovrà soggiornare per  l' eternità. Minosse non vorrebbe far entrare Dante ma Virgilio interviene di nuovo, dicendo a giudice infernale che il viaggio di Dante è voluto da Dio. 
Minosse: il giudice infernale

Canto V Inferno: vv 1-24


Così discesi del cerchio primaio
giù nel secondo, che men loco cinghia,
e tanto più dolor, che punge a guaio.
      Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l’intrata;
giudica e manda secondo ch’avvinghia.
      Dico che quando l’anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata
      vede qual loco d’inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.
      Sempre dinanzi a lui ne stanno molte;
vanno a vicenda ciascuna al giudizio;
dicono e odono, e poi son giù volte.
      «O tu che vieni al doloroso ospizio»,
disse Minòs a me quando mi vide,
lasciando l’atto di cotanto offizio,
      «guarda com’entri e di cui tu ti fide;
non t’inganni l’ampiezza de l’intrare!».
E ’l duca mio a lui: «Perché pur gride?
      Non impedir lo suo fatale andare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare».

Caronte

E' il diavolo traghettatore, dai capelli bianchi e dagli occhi di fuoco. Egli attende le anime dei dannati sulla riva dell' Acheronte, il fiume che segna il confine con l' Inferno: Quando esse vi arrivano, le carica con violenza sulla sua barca e le trasporta sull' altra riva per portarle alla loro destinazione definitiva nel regno del male.



Caronte tenta di impedire a Dante di salire sulla sua barca ma Virgilio lo difende dicendo che il viaggio di Dante è voluto da Dio. Caronte quindi li fa salire.
Viene rappresentato come un vecchio dalla barba bianca, con gli occhi simili alla brace del fuoco e l'espressione cattiva; tratta le anime il modo brusco e insulta, picchiandole con remo, quelle che si attardano sulla riva

Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave!
       Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo.
       E tu che se’ costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
Ma poi che vide ch’io non mi partiva,
       disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti».
       E ’l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare».
       Quinci fuor quete le lanose gote
al nocchier de la livida palude,
che ’ntorno a li occhi avea di fiamme rote.
       Ma quell’anime, ch’eran lasse e nude,
cangiar colore e dibattero i denti,
ratto che ’nteser le parole crude.
       Bestemmiavano Dio e lor parenti,
l’umana spezie e ’l loco e ’l tempo e ’l seme
di lor semenza e di lor nascimenti.
       Poi si ritrasser tutte quante insieme,
forte piangendo, a la riva malvagia
ch’attende ciascun uom che Dio non teme.
       Caron dimonio, con occhi di bragia,
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s’adagia.
       Come d’autunno si levan le foglie
l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo
vede a la terra tutte le sue spoglie,
       similemente il mal seme d’Adamo
gittansi di quel lito ad una ad una,
per cenni come augel per suo richiamo.